Dolore e gloria (racconto/riflessione)

Dove vado adesso? Cosa faccio…? Ci siamo di nuovo,  di nuovo: un altro bivio, ma quale bivio? Ci fossero due strade tra cui scegliere, ma no, non ce n’è, nemmeno una forse.

Un’altra volta, nessun segnale, nessuna indicazione, e quella sala d’attesa virtuale…Dio, non è finita, non se ne esce.

Io che credevo avessero chiamato il mio numero, io che credevo ad un certo punto arrivassero risposte, mi accorgo, che la risposta, è sempre un’altra domanda.

Tutte le risposte, pongono basi per nuove domande; già, le domande sono quelle che contano, infatti molte volte ci si accorge che sono quelle ad essere sbagliate e dobbiamo forse augurarci che non finiscano mai, o non avremmo più un posto da cercare, qualcosa da inseguire…

Questo numeretto, tenuto in mano per una vita, senza sapere cosa aspettavo, devo ora pensare che me ne hanno dato un altro? O che è sempre lo stesso?

Ma cos’è poi questo senso di dissenso che avverto, che si prova nei confronti della nostra vita…questo leggero dolore costante, delle cose vissute, di quelle non vissute, che a volte dorme, altre cambia colore, a volte diventa trasparente, a volte sembra, parte integrante della gioia di domani, a volte sembra niente, a volte pare condanna, tatuaggio, marchio indelebile, questo dolore muto comunque rimane; è qualcosa che non sappiamo spiegare, non porta il nome di nessuno e al tempo stesso il nome di tutti coloro sono passati sulla nostra strada. Ma alla fine il suo nome è il nostro nome, perché non ha colpe, nessuno ce lo ha imposto, è il nostro sentire, solo nostro, non lo sappiamo spiegare, il modo in cui noi abbiamo vissuto ogni alba e ogni tramonto della nostra vita, è quella parte silenziosa che sta dentro, che non si muove, non respira, se ne sta in disparte e osserva, aspetta il suo riscatto, la sua rivincita, cerca come noi il suo posto nel mondo.

Non si è mai mosso da lì, nemmeno quando abbiamo creduto di dimenticarlo, anche quando sembra superato, lui si tiene il suo spazio a fianco, ha un posto riservato dentro.

Siamo noi in realtà a tenercelo stretto, come un tesoro, un immenso patrimonio cui attingere, e il dolore lo è, forse per evitare gli stessi errori, forse per difenderci, o semplicemente per nasconderci dietro di lui di fronte alla paura, è il nostro capro espiatorio preferito, per difenderci da tutto, felicità inclusa.

Quella felicità urlante cui tanto aneliamo, e, da cui, tanto in fretta fuggiamo.

È così perché quel patrimonio di lacrime e sudore, ceneri e dolore, ci urla da dentro che non vuole aumentare, non vuole altro da archiviare.

Ma non serve a niente, non so qual è il motivo, se poi c’è davvero un senso, ma alcuni di noi proprio non sono nati per sopravvivere, ignorano gli avvertimenti, continuano a vivere, si buttano con tutte le scarpe in acque gelide o bollenti, anche se sanno conoscono benissimo i pericoli cui corrono incontro, urlano al cielo che se ne fregano se si faranno male, che se ne fregano di un’altra ferita, anche se sarà mortale, se è il prezzo da pagare per una sola vittoria, per un altro momento di gloria, per una sola risata, o per un singolo trionfo del cuore…venga pure tutto quel che ne segue…

Come posso rinunciare a volare solo per paura di farmi male?

Karen Lojelo

//www.youtube.com/watch?v=e074wTC3Ejo

Yann Tiersen dal film “Il favoloso mondo di Amelie”

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