Primavera finita

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Londra, 21 marzo 1963

Questo lago salato che ho negli occhi si scioglie sempre più, mentre guardo il soffitto scende a gocce tra le orecchie e bagna e capelli, a volte mi chiedo se l’acqua finirà mai. Sono qui vicino a te, che non sei vicino a me. Volevo solo dormirti addosso, una volta ancora, per dormire finalmente, ancora. Pensavo al fatto che la religione serve per sopportare meglio la vita. Per digerirne il “non senso” che invece siamo costretti a dare alle cose. La religione serve a sopportare meglio “l’ebbrezza del disincanto”. È un termine questo che ho letto in una poesia, che mi commosse molti anni fa, quando ancora credevo che non mi avrebbe mai toccato, quando ancora credevo che “l’amore” potesse tutto, quando credevo che i sogni potessero avverarsi, tutti, senza esclusione di colpi, solo credendoci abbastanza lottando per loro senza arrendersi mai. Questo in realtà lo credevo fino a ieri, ieri ci credevo ancora, oggi è il primo giorno per me di vera consapevolezza, è il primo giorno in un nuovo mondo, dove qualcosa si è spento. Forse succede questo il giorno che si “diventa grandi”, e non succede a tutti alla stessa età, succede solo quando smetti di credere alle favole, io ho smesso oggi, e non è disperazione no, piuttosto una triste consapevolezza, la felicità non dura che un attimo purtroppo. E io credo che quella vera, assoluta, arrivi una volta sola anche se prima che lo faccia ce ne sono tante che si spacciano per tali.

Io l’ho avuta, è rimasta lì, impigliata ai tuoi occhi quel giorno di maggio, che ci siamo mischiati la pelle e l’anima, quel giorno che ho dormito finalmente, a “casa mia”, dentro braccia che profumavano di bucato steso al sole, e il mondo intero, tutto il mio dolore, il passato, il presente e il futuro erano illuminati, ma lì, è finita la mia ricerca.

Ognuno ha la sua, per qualcuno è la pace, per altri il lavoro, per altri il successo o il denaro. Io volevo solo l’amore, sembra scontato? Chi se ne frega, inutile mentire a sé stessi, ora lo ammetto, lo so, ora che tutto mi sembra inutile, io volevo solo l’amore, e peggio ancora, volevo solo il tuo. Chissà perché…ne ho avuto di amore…ma come il tuo…no.

E’ strano se ci pensi che io ti ami così tanto da volere addirittura la tua felicità, che io ti ami quasi più della mia vita, non so se è giusto, eppure, è un fatto. Non l’ho scelto, non coscientemente almeno.

Ti ho riconosciuto dentro di me, sei stato sempre qui, al centro, ed è “strano” che si possa amare tanto qualcuno che non prova la stessa cosa per te…già…strano, dov’è “l’ordine perfetto dell’universo”?

Già…l’ebbrezza del disincanto, è così che mi sento, della serie “va bene, non posso essere felice, me ne farò una ragione, almeno ora lo so”; in fondo mi sento quasi liberata sai, da una lotta stremante, da quell’emozione e ansia frementi.

Il giorno prima della felicità non sai niente, tutto è possibile, infatti lo è davvero, al punto che non hai idea di quanto quella felicità, se davvero arriverà, potrà cambiarti.

Il giorno dopo la felicità invece hai vinto, sì perché l’hai finalmente avuta, ma hai perso al tempo stesso, perché è semplicemente passata, e ora, ora devi reimparare a vivere senza, e dopo, dopo averla avuta, è molto più dura, però in fondo sei sereno, sereno come uno che ha perso, e finalmente si riposa e dice: “MI ARRENDO” quasi sorridendo.

Non avevi ragione su una cosa amore: col tempo, non passa tutto.

Ora io lo so per certo. Non passa, forse s’impara ad accettarlo, ma no, io ti vorrei adesso, come il primo giorno.

Oh sì, mi innamorerò ancora, innamoramento non è amore, vorrò qualcuno che non sei tu, ma non vorrò la sua felicità, mi basterà un surrogato della mia.

Qualcuno mi farà sorridere, ma ogni volta prima o dopo mi ricorderò che non sei tu, non sarai tu.

Sei in questa stanza mentre scrivo, fai le tue cose, mi parli del tempo, di quanto mi vuoi bene, di come organizzeremo la giornata insieme…io ti amo, non ti accorgi che io ti amo?

Sono venuta qui in questa città a trovarti, dopo tanto tempo, e forse ne sei anche contento e dici “peccato che piove”.

“Peccato che ti amo.”, penso io. Tutto amore sprecato il mio, arrivato qui con me appeso a quel filo che ora hai spezzato.

Ad ogni parola mi guardi, sorridi, e io ti amo e trattengo le lacrime, fingo di essere calma, tranquilla, grande.

Ma tu non la senti la mia anima che ti urla in faccia che ti vorrei ancora, più di ogni altra cosa, più di qualsiasi altra cosa, anche io ti voglio bene, tanto e lo sai, e sono felice di essere qui comunque, e lo sai, che mi basta saperti sereno, e lo sai, ma io ti amo, e non passa questo, non passa per niente.

Non c’è stato un giorno, un minuto, un secondo, in un anno intero senza vederti, che io non abbia ricordato che ti amo.

E quando tra mille anni, in un’altra vita, rileggerai questa lettera in un giorno d’autunno, magari su un vecchio giornale, e ti sentirai solo, sappi che da qualche parte ti starò ancora aspettando, ti starò ancora cercando…

Domani non sarà un altro giorno. Domani sembrerà sempre adesso.

Amanda”

di Karen Lojelo

malinconia - capone alessandro

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3 Commenti

  1. Ti ho letto con piacere. Grazie


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